Lo screening per la diagnosi precoce del tumore mammario: a chi si rivolge e come si esegue
Il tumore della mammella è la neoplasia più frequente nelle donne, in cui circa un tumore maligno ogni tre (30%) è un tumore mammario. Nel 2016 il carcinoma mammario ha rappresentato la prima causa di morte per tumore nelle donne, con 12.600 decessi (fonte ISTAT).
Negli ultimi decenni si è registrato un costante aumento di frequenza di diagnosi, accompagnata, però, da una riduzione della mortalità. Ciò è stato possibile anche grazie alla sempre più ampia diffusione della diagnosi precoce, che ha permesso di aumentare il numero di tumori identificati ai primi stadi di sviluppo della malattia, quando il trattamento ha maggiori probabilità di essere efficace e meno invasivo.
L’esame di screening
Lo screening per la diagnosi precoce del tumore mammario si rivolge alle donne di età compresa tra i 50 e i 69 anni e si esegue con una mammografia ogni 2 anni. In alcune Regioni si sta sperimentando l’efficacia in una fascia di età più ampia, quella compresa tra i 45 e i 74 anni (con una periodicità annuale nelle donne sotto ai 50 anni).
La mammografia è un esame radiologico della mammella, efficace per identificare precocemente i tumori del seno, in quanto consente di identificare i noduli, anche di piccolo dimensioni, non ancora percepibili al tatto.
I programmi organizzati di screening prevedono che l’esame venga eseguito visualizzando la mammella sia dall’alto verso il basso che lateralmente. Una maggiore accuratezza nella diagnosi viene ottenuta dalla valutazione della mammografia effettuata separatamente da 2 medici radiologi.
Un ampio studio pubblicato nel settembre 2012 sul Journal of Medical Screening e che ha passato in rassegna le ricerche pubblicate sui programmi di screening per il cancro al seno attivi in Europa ha mostrato che la mortalità si riduce del 25% per le donne che si sottopongono allo screening.
Per ogni 1.000 donne di età tra i 50 e i 69 anni sottoposte regolarmente ai programmi di screening e seguite fino a 79 anni di età, lo screening permette di salvare tra 7 e 9 vite.
Gli esami di approfondimento
Una positività alla mammografia non equivale a una diagnosi certa di cancro al seno, anche se indica una maggiore probabilità di essere affette dalla patologia.
Per questa ragione, in caso di un sospetto, al primo esame seguono ulteriori accertamenti diagnostici che, all’interno dei programmi organizzati di screening, consistono in una seconda mammografia, in un’ecografia e in una visita clinica.
A questi esami può far seguito una biopsia per valutare le caratteristiche delle eventuali cellule tumorali.
Soltanto al completamento di questo percorso si ottiene la conferma della diagnosi e, in caso di positività, si dà il via all’iter terapeutico.
Il trattamento
Se gli approfondimenti confermano la presenza di lesioni tumorali maligne, viene proposto un trattamento secondo un preciso protocollo terapeutico nei centri di riferimento del programma di screening.
Il tipo di intervento è strettamente connesso al tipo di tumore diagnosticato e al suo stadio.
Tuttavia, nella quasi totalità dei casi, il percorso terapeutico per il cancro del seno prevede un intervento chirurgico per rimuovere i tessuti malati.
Negli ultimi anni, nei casi di cancro circoscritto a un’area ristretta, si ricorre alla chirurgia conservativa, che consente di asportare soltanto la parte del seno in cui si trova la lesione (è quella che viene chiamata quadrantectomia).
Gli interventi, tuttavia, se necessario, possono essere più invasivi. Spesso si procede all’asportazione dei linfonodi dell’ascella, che rappresentano la via principale attraverso cui il tumore tenta di diffondersi al resto dell’organismo.
Il trattamento del cancro al seno può prevedere inoltre il ricorso alla radio e chemioterapia e a specifici farmaci.
Fonte: salute.gov.it