La corretta alimentazione aiuta a proteggersi dalle malattie dell’area cerebrale
Al cibo viene riconosciuta un’importanza anche nella protezione dalle malattie dell’area cerebrale. La ricerca ha fornito prove importanti sull’incidenza dei fattori dietetici sui meccanismi che mantengono la funzione mentale. Sull’argomento di recente è stata pubblicata una guida a cura di Gigliola Braga e Massimo De Donno per migliorare le performance del cervello (Superbrain, Edizioni Mondadori), dove si descrive come il cibo abbia la capacità di modificare pensieri, umore, emozioni.
Numerosi ormoni dell’intestino possono raggiungere il cervello, o sono prodotti nel cervello stesso, influenzando le capacità cognitive. Inoltre alcuni regolatori della plasticità sinaptica, cioè della capacità delle cellule nervose di formare nuove connessioni, come il “fattore neurotrofico derivato dal cervello” (Bdnf), possono funzionare come modulatori metabolici, rispondendo a segnali periferici quale è l’assunzione di cibo. I progressi nel campo della biologia molecolare hanno rivelato la capacità dei segnali provenienti dal cibo di influenzare non solo il metabolismo energetico ma anche i collegamenti tra le cellule nervose. Riuscire a comprendere fino in fondo le basi molecolari degli effetti del cibo sulla cognizione ci può consentire di determinare il modo migliore per strutturare una dieta con l’obiettivo di aumentare la resistenza dei neuroni e promuovere la forma mentale.
Il sistema nervoso richiede vari tipi di materie prime per funzionare correttamente, come glucosio, grassi, vitamine, sali minerali e altre sostanze chimiche essenziali. L’energia necessaria è fornita dal glucosio che si ottiene dai carboidrati e da altri cibi che sono convertiti in glucosio. Il cervello consuma ben il 19% del fabbisogno energetico. Sono inoltre necessari anche proteine e grassi per sviluppare nuove connessioni o aggiungere mielina ai neuroni. Se carboidrati, proteine e grassi vengono chiamati macronutrienti, bisogna aggiungere a queste azioni il ruolo essenziale di vitamine e sali minerali, chiamati micronutrienti non perché meno importanti ma perché necessari all’organismo in quantità decisamente minori ma pur sempre fondamentali.
Gli studi sulla relazione cibo-cervello, e in particolare quelli che riguardano gli effetti della carenza di determinati micronutrienti, sono difficili da realizzare. Le alterazioni del comportamento non dipendono solo da un’alimentazione “povera in determinati nutrienti”, ma sono anche la risultante di fattori ambientali come l’educazione o situazioni sociali e familiari ma anche dovuti a differenze individuali. È quindi difficile riuscire a separare tutti questi fattori e stabilire in maniera chiara quanto determinate alterazioni dipendano solo dalle carenze alimentari. Non è poi neppure possibile, da un punto di vista etico, esporre una persona a determinate carenze di nutrienti per vedere quali siano le conseguenze sulla salute. Nonostante queste difficoltà le influenze anche dei soli micronutrienti sono molte.
Il segreto di un corretto apporto di vitamine e sali minerali è la varietà. L’alimentazione deve essere la più varia possibile. Bisogna quindi utilizzare frutta e verdura fresca, dato che certe vitamine dette termolabili, vengono degradate in toto o in parte dalla cottura. Tra queste le vitamine C, A, E e numerose vitamine del gruppo B, nello specifico: tiamina (B1), riboflavina (B2), acido pantotenico (B5), acido folico (B9) importante per la donna in gravidanza. I minerali invece non sono degradati dalla cottura ma vengono facilmente persi, almeno in parte, con la bollitura, dato che passano nell’acqua di cottura. Un sistema per non perderli è proprio quello di riutilizzare quest’acqua nella cottura degli alimenti, come avviene per esempio in certi risotti o in zuppe dove l’acqua usata per cuocere le verdure viene usata di nuovo.