Salute

Non solo la saliva, ma anche le lacrime: il covid identificato sulla superficie oculare

L’Università dell’Insubria di Varese ha condotto un interessante studio che è stato pubblicato su Jama Ophthalmology. I ricercatori sospettano che le lacrime infette possano essere un’ulteriore veicolo di trasmissione per il Covid. Tra aprile e maggio dello scorso anno, i ricercatori hanno raccolto campioni di lacrime da entrambi gli occhi di 108 pazienti, 91 dei quali avevano ricevuto una diagnosi di Covid ed erano ricoverati presso tre Unità di Terapia Intensiva (ICU) nella Lombardia settentrionale, epicentro del primo focolaio europeo. Gli altri 17 erano volontari sani, arruolati come gruppo di controllo.

Complessivamente il virus è stato individuato sulla superficie oculare in 52 pazienti su 91. “Lo scopo principale dello studio era quello di investigare sulla presenza del virus Sars-CoV-2 nell’occhio, considerato che il virus è stato trovato in numerosi organi e apparati oltre che nei polmoni”, spiega Claudio Azzolini, professore di Oftalmologia all’Università dell’Insubria di Varese. “Abbiamo preso il secreto lacrimale al letto dei pazienti affetti da Covid con apposite spugnette e con una delicata tecnica standard. Il secreto è stato sottoposto a ricerca del virus con test molecolari altamente specifici. Materiale virale è stato trovato in più della metà dei pazienti studiati. Il virus è stato trovato negli occhi anche in alcuni pazienti con malattia conclamata ma con test naso faringeo negativo”.

I risultati principali dello studio si riferiscono a un sottogruppo di 41 pazienti Covid-19, che i ricercatori sono riusciti a sottoporre a doppio screening, con tamponi nasofaringei e congiuntivali, a meno di 48 ore di distanza. Così si potevano escludere cambiamenti significativi nella carica virale tra un test all’altro, un fattore che avrebbe falsato i risultati. Di quei 41 pazienti, 17 sono stati trovati negativi per il tampone nasofaringeo nonostante la loro diagnosi Covid-19. Ma, quando i ricercatori hanno effettuato un secondo tampone da entrambi gli occhi, 10 di loro sono risultati positivi.

I risultati potrebbero essere utili per trovare le infezioni che sfuggono ai tamponi. “Ricontrollare il risultato dei test molecolari nasofaringei con un secondo tampone oculare può ridurre il tasso di falsi negativi” sostiene Claudio Azzolini che ha guidato lo studio. “Ciò suggerisce che eseguire un ulteriore test molecolare agli occhi di chi è negativo al tampone al naso e alla faringe può invertire quel risultato iniziale, svelando che il virus è in realtà nelle lacrime”. Per quanto riguarda i 24 pazienti con tampone nasale positivo, 15 di loro (63%) hanno ottenuto anche un risultato positivo al test dell’occhio. Nel gruppo di controllo, tutti i test sono risultati negativi.

Gli autori ritengono che la spiegazione più probabile per la comparsa del virus negli occhi sia che Sars-CoV-2 potrebbe viaggiare sul particolato atmosferico e rimanere nell’atmosfera per ore o giorni, soprattutto in un’area non ventosa e inquinata, come la pianura padana lombarda. Una volta infettate dal particolato, le lacrime raggiungerebbero la gola, infettando sia il sistema respiratorio superiore che quello inferiore. “Difficilmente il virus arriva sulla congiuntiva dalle parti interne del corpo. Probabilmente si deposita sulla congiuntiva anche attraverso il particolato atmosferico. Si è infatti riscontrato un aumento del numero di contagi due settimane dopo un aumento del livello di contaminazione dell’aria, intervallo di tempo fra contagio e malattia”, spiega Azzolini. “Poiché il flusso lacrimale secreto dalle ghiandole lacrimali raggiunge l’occhio anteriore e poi attraverso i puntini lacrimali raggiunge la gola, si ipotizza verosimilmente che raggiunga anche i polmoni”. Le lacrime possono quindi essere una porta d’entrata per la malattia. “Il caso clinico dell’oftalmologo di Wuhan, Li Wenliang”, il medico-eroe fra i primi a perdere la vita in Cina, “può essere un esempio di tale diffusione. I risultati supportano l’uso di protezioni per gli occhi per le persone che lavorano in ambienti in cui è possibile l’infezione per via oculare”.

I risultati possono avere un impatto molto pratico suggerendo delle azioni che possono favorire la diagnosi precoce e la prevenzione. “Poiché abbiamo riscontrato la presenza del virus sul tampone congiuntivale anche in pazienti con tampone nasofaringeo negativo – fa notare Azzolini – l’uso dei tamponi congiuntivali potrebbe essere considerato come ausilio per la diagnosi precoce. Inoltre, alla luce di questi risultati, potrebbero essere utili occhiali protettivi in ambienti a rischio, per esempio, in luoghi molto affollati, dove c’è uno scarso ricambio d’aria o dove ci sono persone con raffreddore e starnuti”.