Studentesse, docenti, dirigenti: voci a confronto per un nuovo modello di Università pubblica
Si è svolta ieri, 14 aprile 2025 alle ore 16.00, presso il Dipartimento di Filosofia, Scienze sociali, umane e della Formazione (FISSUF) dell’Università degli Studi di Perugia, la giornata di studi dal titolo Fiducia e cura nelle istituzioni pubbliche.
Nel suo intervento di apertura, Massimiliano Marianelli, Professore ordinario di Storia della filosofia, Direttore del Dipartimento e candidato alla carica di Rettore dell’Ateneo per il sessennio 2025/2026–2030/2031, ha evocato l’idea di Universitas come “centro di studi umani”, capace di integrare competenze differenti e pluralità di scelte e orientamenti disciplinari. Una visione che mette al centro un intreccio costitutivo di relazioni, alimentato dal dialogo tra studenti, studentesse, docenti, ricercatori, ricercatrici, personale tecnico-amministrativo, bibliotecario e CEL. Una comunità orientata al “benessere”, inteso come “essere bene”: un luogo in cui ciascuno sia riconosciuto nella propria unicità e nel proprio progetto di realizzazione. «Al centro di tutte le riflessioni: la sussidiarietà. Il nesso pensiero-vita e il ruolo dell’organizzazione devono restituire spazi di vita e di senso», ha affermato Marianelli. In questo quadro è stata richiamata la concezione antica della grandezza d’animo, fondata sul riconoscimento reciproco all’interno della società, da cui emerge il “primato delle relazioni”. Una prospettiva che alimenta la ricerca di un “nuovo umanesimo”, che caratterizza il lavoro di ricerca e la visione di Marianelli. Un tema che ha trovato simbolicamente espressione nel confronto interdisciplinare di ieri, occasione per mettere insieme varie figure che si occupano del nesso tra cura e fiducia nella Pubblica Amministrazione.
In ambito filosofico è intervenuto Marco Casucci, Professore associato di Filosofia teoretica presso l’Università degli Studi di Perugia, con una riflessione sul concetto di “cura”, centrale nel dibattito etico. Partendo dall’accezione heideggeriana, Casucci ha posto l’accento sull’elemento relazionale: «Dobbiamo spostare l’asse dell’infondatezza della cura affinché essa possa costituire un punto di partenza per le relazioni, restituendola così alla sfera pubblica». In questa prospettiva, la “casa comune” non è solo luogo di interazione tra uguali, intesa in senso formalistico, ma spazio di apertura, in cui si articolano molteplici direzioni della cura: verso sé stessi, verso gli altri, nella gratuità e nella quotidianità. Un esempio emblematico è “fare bene il proprio lavoro”. Avere fiducia negli altri e nelle qualità che desiderano fiorire nello spazio comune implica che le istituzioni diventino qualcosa “di cui prendersi cura” e che, a loro volta, “si prendono cura”, non per calcolo, ma in nome di un’eccedenza relazionale.
Sul versante giuridico, Alessandra Pioggia, Professoressa ordinaria di Diritto amministrativo presso l’Università degli Studi di Perugia, ha messo in luce l’attualità dell’etica della cura – di matrice femminista – per l’evoluzione e il miglioramento della Pubblica Amministrazione. «C’è una sorta di presbiopia del diritto amministrativo – ha osservato – un formalismo che deriva anche da una visione gerarchica della popolazione e dell’esercizio del potere, secondo cui il bene e il prendersi cura sono considerati affari privati, irrilevanti per il diritto». Al contrario, temi come dignità, identità, rispetto della vita privata e realizzazione personale sono questioni centrali, che devono trovare ascolto e risposta. Da qui nasce la proposta di ripensare i concetti di giustizia e uguaglianza attraverso la lente dell’etica della cura. Introdotta da Carol Gilligan, l’etica della cura si rivela un paradigma efficace per mettere in luce come attenzione, sollecitudine e responsività possano rappresentare un punto di svolta tanto per il diritto quanto per la Pubblica Amministrazione. L’uguaglianza non può limitarsi all’ambito delle opportunità o a quello economico, ma deve estendersi all’organizzazione degli spazi, dei tempi e delle relazioni in chiave realmente paritaria. L’attenzione alle fragilità e alle marginalità nell’erogazione dei servizi e nell’applicazione delle norme è necessaria per rimuovere gli ostacoli alla piena realizzazione della persona umana, in termini di dignità ed effettiva uguaglianza. In questo senso, l’etica della cura si configura come un costrutto efficace per cogliere i bisogni specifici delle persone concrete. «Può trovare applicazione nell’azione della Pubblica Amministrazione e trasformarne le pratiche, orientandole verso la realizzazione del progetto costituzionale di piena fioritura della persona», ha sostenuto Pioggia. A titolo di esempio, è stato citato il caso delle carriere alias e la loro gestione amministrativa presso l’Università degli Studi di Perugia.
Sulle pratiche amministrative dell’Ateneo perugino si è incentrato anche l’intervento di Antonella Bianconi, Dirigente didattica presso l’Università degli Studi di Perugia, che ha posto il tema della fiducia al centro del modello organizzativo. Un concetto che Bianconi ha articolato in relazione all’efficienza, al controllo e alla motivazione intrinseca delle persone che lavorano, introducendo i concetti di “integrità” e “valore pubblico” come elementi complementari alla fiducia e alla cura. Bianconi ha evidenziato come, nel mondo occidentale, il senso stesso del “pubblico” sia oggi sotto attacco, spesso contrapposto al “privato” invece che inteso come spazio di espressione della persona. Accogliendo lo stimolo a ripensare l’etica della cura in chiave innovativa, ha sollevato interrogativi su come organizzare la Pubblica Amministrazione non solo in senso normativo, ma in funzione della risoluzione dei problemi concreti delle persone, opponendosi a modelli “muscolari” incentrati sull’economicismo. Chi lavora nella Pubblica Amministrazione – ha continuato Bianconi – deve essere consapevole di rappresentare un “baluardo di civiltà”, e la fiducia deve costituire il perno di un modello organizzativo relazionale. «L’unico costo da considerare non è solo quello economico, ma anche quello umano». Serve sostituire il controllo con la fiducia, riconoscendo l’errore come parte del percorso, da affrontare insieme. I sistemi di valutazione devono premiare la cooperazione, non l’individualismo. Il ruolo del dirigente deve essere fondato su fiducia ed esemplarità, per evitare di generare sfiducia e tensioni. Le competenze, in quanto parte della motivazione intrinseca delle persone, devono essere riconosciute e valorizzate attraverso deleghe autentiche.
Ha chiuso la giornata Nicholas Radicchi, Presidente del Consiglio studentesco dell’Università degli Studi di Perugia, condividendo la sua esperienza di rappresentanza. Radicchi ha sottolineato la necessità di disporre di paradigmi e approcci teorici in grado di legittimare pratiche e rivendicazioni. Ha richiamato l’attenzione sulle disuguaglianze sociali ed economiche che segnano il percorso di molti giovani. Negli ultimi anni si è registrata un’apertura verso gli studenti, le studentesse e le loro istanze, ma secondo Radicchi serve “una stabilizzazione e maggiori investimenti, per affrontare problematiche strutturali come la crisi abitativa e l’accesso alle borse di studio”: diritti sanciti dalla legge che, di fatto, non vengono garantiti. «Gli studenti e le studentesse – ha aggiunto – hanno perso fiducia nelle istituzioni, che non devono adottare un approccio paternalistico, ma avviare un dialogo e uno scambio reale, in cui possano trovare spazio i bisogni concreti delle nuove generazioni». Il concetto di cura, ha concluso, deve tradursi in un confronto costante, basato sul rispetto della dignità e sul riconoscimento reciproco.