Un nuovo studio di coorte prospettico, pubblicato su Hypertension, si è concentrato sull’effetto del consumo quotidiano di caffè sulla pressione, visto che la caffeina è un composto vasoattivo che può far salire transitoriamente la pressione arteriosa.
Lo studio ha interessati 1.400 partecipanti suddivisi in base al consumo quotidiano di caffè autoriferito: nessuno, moderato (1-2 tazze) o elevato (3 tazze). Sono poi state raccolte per ciascun partecipante le misurazioni della pressione in ufficio, a casa, nell’ambulatorio del medico e con il monitoraggio delle 24 ore (il cosiddetto Holter), sia all’inizio dello studio sia dopo 10 anni.
Dallo studio è emerso che la pressione arteriosa misurata nell’ambulatorio del medico, sia all’inizio sia al termine dello studio era leggermente più bassa nella sua componente sistolica, ma non diastolica, tra chi beveva caffè rispetto a chi non lo beveva. Il secondo risultato è stato che durante il follow-up, l’insorgenza di nuovi stati ipertensivi, valutati con monitoraggio della pressione, è risultato simile nei consumatori e nei non consumatori di caffè. Inoltre l’analisi dei dati dimostra che le variabilità della pressione arteriosa sistolica e diastolica nelle 24 ore era sovrapponibile nei non consumatori di caffè e nei consumatori all’ingresso dello studio e dopo 10 anni di follow-up. In effetti in una revisione sistematica era stato dimostrato come il consumo moderato di caffè fosse associato in modo inverso al rischio di malattie cardiovascolari, determinando quindi un beneficio.
Quanti caffè bere? La risposta è di attenersi, salvo diverse indicazioni mediche, a quanto consiglia l’Efsa, l’Ente europeo per la sicurezza alimentare. Le dosi giornaliere fino a 400 mg al giorno di caffeina negli adulti sani non costituiscono un problema per la salute con l’eccezione delle donne in gravidanza. Visto che un espresso contiene circa 80 mg di caffeina si può, secondo l’Efsa, berne sino a cinque al giorno. La raccomandazione è valida anche per le persone con ipertensione arteriosa.
L’aumento a breve termine della pressione si verifica soprattutto in chi non beve spesso caffeina. Ma la risposta della pressione alla caffeina varia da persona a persona. Non è chiaro perché questa molecola provochi questo aumento, si ipotizza possa dipendere da un effetto mediato da vasocostrizione o da un’azione sulle ghiandole surrenali, con conseguente maggior produzione di adrenalina. Le persone che bevono con regolarità caffeina sviluppano una tolleranza, di conseguenza, non c’è un effetto a lungo termine sulla pressione sanguigna.
La caffeina “inganna” il cervello mascherando temporaneamente l’azione di una molecola, l’adenosina, che aumenta con il passare delle ore facendoci sentire meno vigili e con il desiderio di dormire. La caffeina ha, però, effetti diversi in ognuno di noi. Quello più comune è legato allo stimolo del sistema nervoso centrale con conseguente riduzione della sonnolenza. Ma c’è sempre una variabilità individuale. In alcune persone la caffeina viene eliminata in fretta mediante le urine e il sistema epatico, perdendo l’effetto energizzante. Al contrario, chi la metabolizza in maniera lenta ha una quota di caffeina più alta in circolo, che stimola il sistema nervoso e, soprattutto se assunta di sera, può provocare insonnia.
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