Nursing Up De Palma: allarmanti i dati sull’aumento dei tumori al seno tra le infermiere in Europa
«Dati allarmanti giungono all’attenzione di un sindacato come il nostro, da sempre attento non solo alla valorizzazione economico-contrattuale degli operatori sanitari, ma vicino anche alle loro condizioni di salute e alla tutela della loro serenità psico fisica sul luogo di lavoro. In Europa, secondo dati di una accurata indagine che comincia nel lontano 2012, e si protrae fino a giorni nostri, sono stati segnalati oltre 350.000 nuovi casi di cancro al seno, che hanno portato oltre 90mila nuovi morti negli ultimi anni. La maggioranza dei tumori al seno colpisce naturalmente le donne, per le quali rappresenta la principale causa di decesso nell’ambito dei tumori che le affliggono. Nei vari paesi europei, l’incidenza di questi tumori è chiaramente in netto aumento negli ultimi tempi.
Più scienza e conoscenza progrediscono, più si allunga la lista delle professioni che vedono una diffusione del cancro al seno ben oltre la media. A fare il punto sul tumore alla mammella, che ogni anno in Italia colpisce 50 mila donne (rappresentando un terzo di tutte le neoplasie maligne a loro diagnosticate) è la ricerca “Working Women and Breast Cancer. The State of the Evidence” dell’organizzazione nazionale statunitense Breast Cancer Fund.
Ma non è finita qui, perché il report evidenzia come tra le nostre infermiere e le ostetriche il rischio di cancro al seno, rispetto alla popolazione femminile generale è aumentato del ben 50%. Un rischio calcolato di 4 volte superiore tra i professionisti infermieri.
Oltre a questo rischio, gli infermieri devono considerare anche quello della manipolazione di farmaci e sostanze citotossiche. Con l’aumento costante del numero di persone affette da cancro, secondo l’OMS, ci sarà un ulteriore aumento del 70% nel numero di nuovi casi nel corso dei prossimi due decenni, di conseguenza il personale infermieristico sarà tenuto a trattare un numero sempre più crescente di pazienti affetti da cancro, con la chemioterapia, ma le infermiere stesse, in quanto donne, in quanto soggetti a rischio, sono ai primi posti per incidenza di tumori al seno.
Chiediamoci, allora, perché le nostre infermiere, le ostetriche, le nostre operatrici sanitarie, sono così a rischio. Una domanda legittima, la cui risposta, purtroppo, non arriva dalle nostre autorità sanitarie, ma come spesso accade, da indagini accurate di Paesi a noi vicini.
Per la prima volta, in Francia, è stato, infatti, riconosciuto un legame diretto tra il lavoro notturno e il rischio di sviluppare tumori al seno per le donne.
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
«Lo ha stabilito a fine marzo il Consiglio nazionale dell’Ordine dei medici francese, che ha esaminato il caso di un’ex infermiera (ora in pensione) dell’ospedale di Sarreguemines, piccolo comune transalpino situato al confine con la Germania.
Nel corso dei suoi 28 anni trascorsi nei reparti di cardiologia e ginecologia, l’infermiera Martine (nome di fantasia), oggi 61enne, ha trascorso in totale 873 turni di lavoro notturno. Nel 2009, a 48 anni, ha chiesto e ottenuto dalla direzione ospedaliera di lavorare soltanto di giorno, poco prima di scoprire di essere afflitta da un tumore al seno.
A distanza di 14 anni, il Consiglio dei Medici francese ha stabilito il legame diretto tra la patologia contratta dall’infermiera e la gran quantità di turni di notte svolti durante il servizio. Il suo tumore, in altre parole, è annoverabile come malattia contratta sul posto di lavoro. Una sentenza storica, grazie alla quale la donna potrà chiedere un risarcimento all’assicurazione sanitaria. Cosa in precedenza negata ad altre due sue colleghe.
I contenuti di quanto sta accadendo in terra transalpina sono allarmanti e nel contempo aprono la strada a riflessioni che non possono essere ignorate.
Lo stress, causato dai pesanti orari del lavoro notturno, la fatica, con il conseguente indebolimento del sistema immunitario, nel contesto di un compito delicato e difficile come quello delle nostre infermiere, e delle ostetriche, sottoposte anche al costante rischio di aggressioni fisiche e psicologiche (sono la categoria in assoluto maggiormente vittime delle violenze), con la conseguente situazione ansiogena che ne deriva, possono di certo rappresentare una delle cause scatenanti dell’aumento di tumori nelle nostre professioniste.
Ci chiediamo, a questo punto, come intenderà reagire il nostro Ministero della Salute, di fronte a una indagine del genere, che seppur costruita in un contesto sanitario lontano dal nostro, non può essere ignorata, dal momento che i dati sui tumori al seno riguardano anche le nostre operatrici sanitarie.
Siamo di fronte a un report che merita la massima attenzione e non dimentichiamolo, sindacati come il nostro si stanno battendo da anni per il riconoscimento della professione infermieristica ed ostetrica tra le attività usuranti, comprendendo sia i nostri infermieri, sia le nostre ostetriche.
E’ l’articolo 1 del dlsg 67/2011, ricordiamolo, a stabilire quali sono i lavori cosiddetti usuranti, ossia quelle attività che richiedono un impegno fisico e mentale particolarmente elevato da giustificare, tra le altre cose, un accesso anticipato al trattamento pensionistico rispetto alle altre categorie di lavoratori.
In tali disposizioni gli infermieri rientrano solo in via residuale tra la generalità dei lavoratori notturni, e alla fine, quelli che beneficiano effettivamente di tali previsioni sono pochi, perché l’attività usurante viene riconosciuta solo nei casi in cui i dipendenti prestino servizio per almeno 6 ore del periodo notturno e per un minimo di 78 notti ogni anno.
Sono poi considerati come usuranti anche quei lavori in cui l’impiego nella fascia 24:00-05:00 è di sole 3 ore, ma per un periodo di lavoro pari all’intero anno lavorativo.
Ma se in Francia, in definitiva, il lavoro notturno e lo stress che ne deriva, si avviano ad essere considerati, in una svolta epocale, come fattore al rischio per il tumore al seno, includendo quindi anche le infermiere e le ostetriche a causa dello stravolgimento dei ritmi circadiani e degli assetti ormonali, influenzati come sono, dai turni di lavoro che impattano sul ritmo sonno veglia, invece, noi siamo ancora decisamente indietro.
Di certo, sindacati come il nostro, dovranno alzare ancora gli scudi e far sentire la propria voce per chiedere che si faccia definitivamente luce sui rischi correlati allo svolgimento del proprio lavoro in orari notturni, chiedendo apertamente di conoscere i dati che riguardano tutte le lavoratrici italiane, comprese quelle della sanità, che di notte, lontano dalle proprie famiglie, combattono per la tutela della salute della collettività, mettendo a rischio la propria, giorno dopo giorno», chiosa De Palma.