Tra le strategie terapeutiche più promettenti per i pazienti oncologici ci sono le terapie a bersaglio molecolare che veicolano il farmaco in modo specifico contro le cellule tumorali che portano in superficie un determinato bersaglio. Queste terapie assicurano una maggiore precisione ed una minore tossicità rispetto alle chemioterapie tradizionali. Tuttavia l’efficacia di queste terapie è limitata dallo sviluppo di tolleranze e resistenze da parte dei tumori, che possono così dare metastasi.
Lo sviluppo di metastasi e di resistenza alle terapie sono la principale causa di ricadute nei pazienti oncologici. In alcuni casi la recidiva è rapida ed è legata ad alterazioni genetiche già esistenti nella massa tumorale prima della somministrazione del trattamento. In altri casi il tumore riappare dopo molto tempo, anche anni dopo la diagnosi. La capacità di prolungare l’efficacia di un trattamento è attualmente limitata dalla scarsa conoscenza dei molteplici meccanismi che portano allo sviluppo della resistenza.
Stabilire in che modo i tumori riescano ad opporre resistenza alle terapie è un quesito cruciale a cui rispondere per riuscire a sconfiggerli, rendendo le terapie a bersaglio molecolare più efficaci e offrendo ai pazienti qualità e aspettative di vita superiori. Un significativo passo avanti in questa direzione è stato segnato dai risultati di uno studio pubblicati sull’autorevole rivista scientifica Nature Genetics.
Lo studio è stato condotto in collaborazione a Ifom, all’università di Torino, all’università degli studi di Milano e al Candiolo Cancer Institute Fpo IRCSS da ricercatori guidati dai professori Marco Cosentino Lagomarsino e Alberto Bardelli grazie al sostegno di fondazione Airc e di un grant Erc dell’Unione Europea. Il gruppo, formato da fisici e biologi, ha investigato la resistenza alle terapie a bersaglio molecolare da un punto di vista quantitativo e con un approccio inedito che combina la matematica alla biologia. Grazie agli strumenti matematici le cellule tumorali sono state caratterizzate nelle loro diverse sottopopolazioni, raggiungendo eccezionali livelli di dettaglio e approfondimento.
I ricercatori in laboratorio hanno osservato che le terapie a bersaglio molecolare inducono nelle cellule tumorali la transizione a uno stato di letargo, rendendole in grado di tollerare temporaneamente il trattamento. Le cellule, chiamate ‘persistenti’, essendo tolleranti alla terapia, hanno potenzialmente tempo di acquisire mutazioni genetiche che le rendono in grado di replicarsi in presenza del farmaco, causando così una recidiva di malattia. Gli studi eseguiti hanno permesso di capire che la terapia induce un aumento significativo della capacità di mutare delle cellule persistenti: non solo le cellule tumorali persistenti hanno del tempo per sviluppare mutazioni a loro favorevoli, ma la terapia rende questo processo più veloce.
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