I bambini devono potersi riconoscere nei giocattoli. A renderli sempre più inclusivi per aiutare i bimbi a vedere realtà diverse e normalizzarle, ci ha pensato una fabbrica di Onil (Spagna). L’azienda realizza una collezione di bambole con la sindrome di Down che l’anno scorso ha vinto anche il tanto ambito premio giocattolo dell’anno del paese in cui vivono 7500 persone.
Si tratta di due maschi e due femmine di diversi colori di pelle, prodotte da Miniland. “La reazione ci ha sorpreso” ha detto Victoria Orruño, direttore marketing dell’azienda al The Guardian.
Non è la prima né sarà l’ultima azienda a produrre giocattoli inclusivi, anzi. Già la Mattel con le sue Barbie in sedia a rotelle o la gender fluid ha cominciato ad andare in questa direzione progressista, per non dire della storia del nonno brasiliano che crea bambole con vitiligine, dedicate alla nipotina affetta dalla malattia cronica della pelle.
La tendenza è questa. Prevale l’idea che nessuno debba essere escluso nella rappresentazione di sé anche per le bambole con cui gioca tutti i giorni. Quello di Onil non è un caso isolato, e per quel che riguarda le bambole con sindrome di Down, l’offerta è aumentata molto negli ultimi anni. Il rivenditore Kmart ne ha presentato un paio nei suoi negozi in Australia e Nuova Zelanda, mentre sempre a Onil, dove l’idea è in realtà nata già nel 2007, un altro produttore di giocattoli locale che si chiama Toyse ha annunciato una collaborazione con l’organizzazione nazionale spagnola per la sindrome di Down per creare in sinergia una nuova collezione.
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