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L’inquinamento provocato dagli incendi si propaga per centinaia di chilometri: uno studio sulla Sila

Le conseguenze sulla qualità dell’aria e sulla salute umana degli incendi, che durante le stagioni estive devastano il patrimonio boschivo e paesaggistico calabrese, sono state oggetto di uno studio congiunto da parte del Centro Studi per il Monitoraggio e la Modellazione Ambientale (CeSMMA) del Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente (DIAm) dell’Unical e dell’Istituto sull’Inquinamento Atmosferico (IIA) del CNR.

La ricerca, condotta nell’ambito di una convenzione con l’Unità Foreste e Forestazione della regione Calabria, diretta dall’ingegner Salvatore Siviglia, è stata coordinata dal direttore del DIAm, professor Giuseppe Mendicino, e sviluppata dal gruppo composto anche dal professor Alfonso Senatore e dalla dottoressa Jessica Castagna, in collaborazione con i ricercatori dell’IIA-CNR Mariantonia Bencardino, Francesco D’Amore, Francesca Sprovieri e il professor Nicola Pirrone.

Lo studio ha riguardato la stagione estiva del 2017, anno record per estensione di ettari bruciati, e si è concentrato sull’analisi dell’inquinamento atmosferico misurato a Monte Curcio (1780 metri sul livello del mare), nel cuore della Sila Grande e vicino a Camigliatello Silano (Cs), dove dal 2015 un osservatorio climatico-ambientale del programma internazionale “Global Atmosphere Watch” (GAW) gestito dall’IIA sta monitorando la composizione chimica dell’aria.

In particolare, sono stati presi in esame il Monossido di Carbonio (CO) e il Black Carbon (BC), prodotti entrambi dai processi di combustione incompleti che si verificano, oltre che nei processi antropici (ad es. traffico autoveicolare, emissioni industriali, ecc.), anche negli incendi boschivi. Le misure di concentrazione di questi traccianti sono state incrociate con le simulazioni meteorologiche ad alta risoluzione (2 km e 10 km) realizzate con il modello “Weather Research and Forecast” (WRF) e con i dati degli incendi registrati da satellite e dal Corpo Forestale dei Carabinieri, per verificare l’eventuale arricchimento delle masse d’aria trasportate fino a Monte Curcio. I risultati hanno evidenziato che gli effetti degli incendi sulla riduzione della qualità dell’aria possono propagarsi per centinaia di chilometri, raggiungendo aree protette e virtualmente incontaminate come il Parco Nazionale della Sila. In particolare, nell’estate 2017 in alcune giornate le osservazioni hanno rilevato un’aria particolarmente inquinata, quantificata in termini di esposizione equivalente al fumo passivo di circa 11 sigarette. Nonostante gli effetti degli incendi non siano completamente uguali a quelli delle sigarette per via di ulteriori emissioni collaterali, è stata sfruttata dagli autori l’analogia tra il Black Carbon rilasciato da entrambi i processi per la maggiore familiarità con gli effetti delle sigarette sull’apparato cardio-respiratorio.

Oltre ai danni all’ecosistema, con la distruzione di diverse migliaia di ettari del patrimonio boschivo ogni anno, gli incendi boschivi hanno dunque una forte ricaduta sulla qualità dell’aria respirata dalla popolazione, la cui salute può essere minacciata anche in luoghi presunti ameni.

Lo studio è stato pubblicato lo scorso 29 ottobre sulla rivista “Science of the Total Environment” in un articolo dal titolo “Multiscale assessment of the impact on air quality of an intense wildfire season in southern Italy”.

La valutazione del rischio incendi si inquadra nell’attività complessiva del CeSMMA, mirata al monitoraggio e preannuncio dei rischi naturali, con particolare riferimento al ciclo idrologico. A tal proposito, sono liberamente disponibili sul sito del gruppo di ricerca previsioni meteorologiche ad alta risoluzione relative all’intero territorio calabrese, all’indirizzo https://cesmma.unical.it/cwfv2/. Maggiori informazioni sull’Osservatorio di Monte Curcio gestito dall’IIA-CNR sono invece disponibili all’indirizzo: http://mtcurcio.iia.cnr.it/.

Redazione

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