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Arteria biotech per le coronarie molto piccole

Nuova tecnologia a favore della salute del cuore. Un’impalcatura, composta da polimeri speciali, che si riassorbe ed è capace di sostenere le cellule e le strutture che formeranno l’arteria definitiva. Facile a dirsi, ma difficili a farsi nella complessità di un organismo vivente. Ma c’è chi è riuscito a farlo, secondo quanto riporta un lavoro condotto da un team multidisciplinare coordinato da esperti del Politecnico di San Pietroburgo Pietro il Grande, dall’Università statale Pavlov e daIl’Institute of Macromoleculae Compounds, pubblicata su Cell and Tissue Biology. Gli scienziati hanno inserito come protesi vascolare nell’aorta di un animale di laboratorio un’impalcatura, monitorando il processo di riassorbimento della struttura nel tempo, dimostrando che questa struttura è comunque in grado di risultare biocompatibile e non tossica e di assumere caratteristiche tali da consentire la formazione di un neo-vaso sanguigno.

La ricerca è molto interessante anche se ci sono da approfondire molti aspetti. Questi studi potrebbero consentire di arrivare a trovare soluzioni alternative, con veri e propri “trapianti” artificiali di tratti di arterie, nei casi in cui il by-pass risulta non attuabile per le dimensioni ridotte dei vasi e quando, per ragioni di misura e di flusso nel sangue non è possibile puntare su protesi che possano essere inserite al loro interno.

L’obiettivo è aumentare la protezione nei confronti delle arterie che potrebbero andare incontro a fenomeni di trombosi o occlusione, significativi sul fronte degli effetti sui tessuti che attraverso loro ricevono sangue ed ossigeno. La strategia proposta dagli studiosi russi nella ricerca di vasi artificiali si basa su un polimero presente nel corpo umano, capace di dissolversi gradualmente e poi essere sostituito completamente dal vaso. Il prototipo studiato si basa su nanofibre e microfibre del tutto simili alla tela invisibile che forma le arterie. Il dispositivo è stato cucito all’interno dell’aorta di ratti con tecniche di microchirurgia e dopo 16 mesi dal suo impianto è risultato dissolto, senza lasciare traccia di sé. Al suo posto si è ottenuto un vaso artificiale del tutto simile a quelli naturali. Pur se sono stati confermati i requisiti di sicurezza del neovaso creato dall’impalcatura, c’è comunque un dato che non va sottovalutato: nell’area in cui si è effettuata una la ricostruzione è stata osservata la formazione di un aneurisma, un rigonfiamento patologico della parete arteriosa. In ogni caso, il percorso degli esperti russi appare segnato. Infatti quando si avrà la certezza di poter formare un nuovo vaso dall’impalcatura immessa dall’esterno, la strada verso il futuro potrebbe essere ancor più segnata, anche grazie al miglioramento delle tecniche di coltivazione delle cellule destinate ad andare a formare l’arteria artificiale.

Redazione

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