Piangere fa bene alla salute
Piangere non serva a nulla. Versare lacrime fa male alla salute fisica e psicologica. Almeno così si dice comunemente. Ma la scienza non è d’accordo. Infatti è dimostrato che il pianto ha un suo effetto benefico in generale, in particolare sul cuore, sulla pressione e sul cervello. Uno studio dell’Università del Queensland sul tema è stato pubblicato sulla rivista Emotion. Lo studio ha preso in esame il pianto sul più di 500 soggetti in preda a lacrime e singhiozzi per svariati motivi, misurando loro il battito, la frequenza cardiaca e respiratoria, la pressione arteriosa, i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress. Monitorando i cambiamenti psicologici conseguenti alle crisi di sconforto si è concluso che il pianto è benefico ed aiuta a mantenere l’omeostasi biologica, il processo che mantiene in equilibrio costante l’ambiente interno ed esterno del nostro corpo, compresa la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa e la salute mentale, restituendo la serenità perduta. Il pianto è un fenomeno fisiologico che produce e rilascia lacrime in risposta ad una emozione, sia essa negativa (dolore), che positiva (gioia), anche se le due componenti, lacrimazione ed emozione, possono non necessariamente essere compresenti.
Nei neonati, vista l’immaturità del dotto lacrimale, si può verificare un pianto senza lacrime, che compaiono soltanto dopo il terzo mese di vita. Il pianto accorato, quello spontaneo e dirompente, è un complesso meccanismo secreto-motore contraddistinto dall’effusione di lacrime senza alcuna irritazione dell’apparato oculare, perché è innescato da un collegamento neuronale, non sempre dominabile volontariamente, tra la ghiandola lacrimale ed alcune aree del cervello, coinvolte in una emozione dapprima controllata, che poi diventa irrefrenabile, e le stesse lacrime della crisi di pianto hanno una composizione chimica diversa dagli altri tipi di lacrimazione, contenendo un quantitativo significativamente più alto di ormoni prolattina, adenocorticotropo, e leu-encefalina, un oppioide endogeno e potente anestetico, oltre agli elettroliti potassio e manganese.
L’encefalina, contenuta nelle lacrime e con esse secreta, allevia il dolore, allenta la tensione e distende i muscoli, motivo per cui il corpo si rilassa maggiormente e recupera energie subito dopo la crisi di pianto, mentre la prolattina e la corticotropina che aumentano ogni volta che l’organismo subisce ed accumula eccessivo stress, vengono eliminate in modo copioso attraverso le lacrime insieme ad altre tossine. Chiamatelo sfogo emotivo, crisi di sconforto o come volete, ma il pianto è stato predisposto da madre natura nel genere umano per liberarci da rabbia, delusione, tensione, sofferenze e da tutto ciò che la mente trattiene, memorizza, nasconde, e che la razionalità deposita nel fondo della coscienza, ed attraverso la crisi di pianto vengono eliminate anche le tossine e la dose eccessiva di ormoni stressanti accumulati, che hanno ripercussioni sull’intero organismo.
Se piangere è benefico, cosa succede nel caso in cui le lacrime vengono trattenute ogni volta che si avverte il desiderio di piangere? La risposta è ben chiara dal momento in cui abbiamo scoperto di cosa si libera il nostro corpo ogni volta che versiamo lacrime, anche perché lo stress accumulato che decidiamo volontariamente di non “buttare fuori”, potrebbe aumentare il rischio di insorgenza di molti meccanismi compensatori, poiché tutto quello che reprimiamo, che teniamo dentro, e che depositiamo o nascondiamo nel profondo della nostra anima, prima o poi torna a galla sotto forma di vari disturbi, in genere difficilmente diagnosticabili per quanto riguarda la loro origine. I sintomi più frequenti sono quelli intestinali, con problemi di nausea, gastriti e diarree senza la presenza di un agente patogeno specifico, ma si assiste anche all’insorgenza di disturbi a livello circolatorio, respiratorio e cardiaco, oltre che neurologico, con crisi di ansia e di panico, e, nei casi più gravi, si può arrivare a rilevare addirittura danni cerebrali con instabilità psichiatrica persistente. Senza piangere ci si ammala e senza emozioni non si piange e questo è dimostrato dai pazienti in coma, i quali non piangono, perché il pianto è intimamente legato alla coscienza, emotiva e razionale, ma che deve necessariamente essere vigile ed attiva per poterlo esprimere.
Piangere infatti, è una comunicazione non verbale molto potente, molto più efficace delle parole, e non è affatto, come si crede, una forma di rifugio per i deboli, bensì una forma molto raffinata di anti-stress, una auto-difesa del nostro organismo per contrastare i colpi della vita. Le lacrime infatti, differentemente da altre reazioni corporee, rappresentano un segnale che gli altri possono vedere, ed innescano un legame sociale ed una connessione interpersonale che diventano elementi fondamentali quando l’essere umano, vulnerabile anche da adulto, prova l’esperienza dolorosa e frustrante dell’impotenza che genera la crisi di sconforto.
Nel campo delle emozioni il pianto segnala a se stessi o ad altre persone che c’è un importante problema, il quale, almeno temporaneamente, oltrepassa la propria abilità di affrontarlo, e se in alcuni contesti può apparire imbarazzante, non versare lacrime può fare più male che bene. Scientificamente non è stato dimostrato perché la reazione lacrimosa si accompagni anche alla gioia, probabilmente per la potenza emotiva, anche se la psichiatria sostiene che ogni gioia in fondo contenga un dispiacere, il presagio della fine imminente del lieto evento, cosa che inconsciamente scatena le lacrime. Certamente, ma non sempre, il pianto si può frenare o reprimere volontariamente, soprattutto quando non sgorga improvviso, quando ha un esordio lento, quando si avverte il nodo in gola che lo preannuncia, come è altrettanto vero che nessuno mai è annegato in un mare di lacrime, e stando a uno studio su oltre 300 adulti, in media gli uomini piangono una volta ogni mese, mentre le donne piangono almeno cinque volte al mese, specialmente prima e durante il ciclo mestruale, spesso senza evidenti ragioni (come depressione e tristezza).
Il pianto in occasione di un lutto, o della fine di un amore invece, è molto più disperante, sembra togliere tutte le forze, annichilire la reattività ed annullare qualunque volontà di recupero, ma è salutare per diminuire lo strazio della perdita, per modulare l’ angoscia, per consolare e risollevare lo spirito. Il pianto inoltre, può continuare anche quando si è esaurita la riserva lacrimale (non ho più lacrime da versare), la quale necessita di alcuni minuti per riempire di nuovo le ghiandole oculari in cui è contenuta, nel caso in cui persista la situazione dolorosa che lo ha provocato. La terapia per smettere di piangere dopo un evento traumatico? Non esiste, in quanto gli psicofarmaci e gli antidepressivi agiscono sull’encefalo abbassando la soglia di percezione del dolore, ma non c’ è ancora un farmaco che curi e risolva il dolore psicologico, quello intimo dell’ anima. Anzi ce n’ è uno ben noto da secoli, ed è il tempo, considerato anche dagli psichiatri la migliore terapia che lenisce e guarisce tutte le ferite, in senso fisico e psicologico, ma funziona solo nelle persone che non hanno paura di piangere e di affrontare la vita in ogni sua declinazione. Anche quella lacrimosa.