Il superticket è scomparso dal primo settembre. Una novità importante per migliaia di pazienti italiani che dovevano sostenere una tassa che aggiungeva una quota al tradizionale ticket. Il Governo ha stanziato 550 milioni all’anno per l’abolizione. In verità in varie regioni il superticket era già stato tolto o ridotto negli anni scorsi. Tutte le regioni riceveranno, nel fondo sanitario nazionale, i soldi necessari a rimpiazzare gli introiti della tassa. Il denaro è assegnato con la suddivisione già prevista nella quota d’accesso al fondo, calcolata in base alla popolazione e all’età. Ad esempio la Lombardia riceverà 92 milioni, il Lazio 53, la Campania 51, il Veneto 45 e il Piemonte 41. “Ogni volta che una persona non si cura come dovrebbe per motivi economici siamo dinanzi a una sconfitta per tutti noi e a una violazione della Costituzione. Per questo a dicembre abbiamo approvato la norma che entra in vigore dal primo settembre. Il superticket è abolito e nessuno lo pagherà più”. Così il Ministro alla Salute Roberto Speranza.
Il superticket non veniva pagato dagli esenti, cioè coloro che hanno determinate patologie importanti o hanno meno di 6 o più di 65 anni e vivono in famiglie dove il reddito annuo è inferiore a 36.151,98 euro. Lo pagavano, in quasi tutte le regioni, coloro che hanno tra i 6 e i 65 anni e guadagnano più di 36 mila euro. Ora queste persone non hanno più questa tassa ma devono comunque, come gli altri non esenti, corrispondere il ticket, che vale, sempre per prestazioni specialistiche ambulatoriali, fino a 36 euro a ricetta.
Il superticket in partenza doveva essere una tassa aggiuntiva di 10 euro sulle prestazioni specialistiche, cioè visite ed esami. Hanno, anche se con qualche modifica, mantenuto quello schema Abruzzo, Liguria, Molise, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna. In Val d’Aosta, Basilicata, province di Trento e Bolzano e nel Lazio si è poi deciso di toglierlo. Anche la Lombardia, l’Emilia e più di recente la Toscana ne hanno attenuato la portata eliminandolo per determinate categorie. Veneto, Emilia, Toscana, Umbria e Marche avevano deciso di rimodularlo in base al reddito familiare, mentre Piemonte, Lombardia e Friuli ne avevano collegato il costo al valore della ricetta.
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