Secondo i risultati di una ricerca statunitense, pubblicata su Environmental Science & Technology, i cani domestici potrebbero funzionare come sentinelle biologiche ambientali, in grado di avvisarci, dandoci l’allarme con un largo margine di anticipo, quando l’esposizione alle sostanze chimiche disperse nell’ambiente sta per raggiungere livelli dannosi, nel tempo, per la salute umana.
Gli autori dello studio sono ricercatori della North Carolina State University e della Nicholas School of the Environment della Duke University. Gli studiosi hanno reclutato per 5 giorni consecutivi 30 cani e i loro 30 rispettivi proprietari. Ai primi hanno applicato un’etichetta sui collari, ai secondi hanno chiesto di indossare un semplice braccialetto, entrambi in silicone. Da tempo chi si occupa degli effetti dell’inquinamento sulla salute sa che i braccialetti di gomma sono efficaci campionatori ambientali dell’esposizione personale alle sostanze presenti nell’ambiente, dal momento che il silicone raccoglie una grande quantità di composti chimici. Gli stessi che si trovano anche all’interno dell’organismo e sulla pelle di chi li indossa. Ci sarebbe una corrispondenza tra quello che si deposita sui braccialetti e quello che si ritrova sulla cute, nel sangue e nelle urine.
“Parliamo di dispositivi per il monitoraggio ancora relativamente nuovi ma che rappresentano un modo economico ed efficace per misurare l’esposizione alle sostanze chimiche con cui veniamo in contatto nella vita di tutti i giorni”, conferma Catherine Wise, del dipartimento di Biologia ambiente e tossicologia molecolare della North Carolina University e primo autore dello studio a proposito dei bracciali di gomma. Come pure sappiamo, aggiunge Wise “che molte nostre malattie provocate dall’esposizione ambientale sono clinicamente e biologicamente simili a quelle riscontrate nei cani”.
Sui braccialetti e sui collari i ricercatori hanno cercato la presenza di tre categorie di tossici ambientali spesso riscontrati nel sangue e nelle urine umani: pesticidi, ritardanti di fiamma (usati in molti prodotti elettronici per ridurne l’infiammabilità, ma tossiche per il sistema nervoso) e ftalati (aggiunti alle materie plastiche per migliorarne flessibilità e modellabilità, ma tossici per il sistema riproduttivo). Così facendo hanno visto che i livelli di esposizione tra cani e proprietari erano molto simili. La presenza di inquinanti su bracciali e collari era grosso modo la stessa. Una situazione che è stata poi confermata dalle analisi delle urine, e in entrambe le specie.
“La cosa notevole dei nostri risultati è stata l’aver riscontrato modelli simili di esposizione ai contaminanti tra le persone e i loro animali domestici”, hanno dichiarato gli autori. Ma se per cani e umani l’esposizione è simile, gli effetti sulla salute non lo sono, o meglio non lo sono le tempistiche. “In uno o due anni in un cane possono manifestarsi effetti che potrebbero richiedere decenni per emergere nell’uomo”, ha detto Wise. Gli animali si ammalano ben prima degli uomini, a parità di esposizione. Le etichette di silicone per i cani sono utili per studiare gli impatti sulla salute degli esseri umani da esposizioni condivise, e che come ha detto Oscar J. Fletcher, professore di genetica e oncologia alla North Caroline University e co-autore dell’articolo, “se riusciamo a mettere in relazione le malattie dei cani con le loro esposizioni nel tempo, potremmo dare l’opportunità a chi si occupa di salute umana di mitigare queste esposizioni per entrambe le specie. I cani sono una potente sentinella biologica per le malattie umane”.
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