I tecnici dell’Ufficio caccia e pesca, in collaborazione con i Forestali dell’Ispettorato Bolzano 1 e con gli appassionati del gruppo di lavoro Südtiroler Bachkrebs, hanno verificato la presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii) in alcune fosse della Bassa Atesina. Si tratta di una specie altamente invasiva, per dimensioni e capacità riproduttive molto più forte delle specie di gamberi d’acqua dolce autoctone. Il gambero rosso genera danni ai corsi d’acqua, perché si inserisce nella catena alimentare al livello degli anfibi nostrani, tritoni, rane, salamandre eccetera, prendendone il posto e distruggendo in tal modo gli equilibri ecologici degli ecosistemi acquatici. Scava gallerie profonde che alla lunga provocano l’erosione delle sponde e un’alterazione consistente della flora e della microfauna ripariale. Inoltre, può trasmettere malattie con effetti catastrofici per il gambero nostrano e per altre specie autoctone, come la peste del gambero.
Come abbia fatto ad arrivare in Alto Adige è impossibile da stabilire, “ma in ogni caso è accaduto a causa dell’uomo”, affermano i tecnici dell’Ufficio caccia e pesca: la globalizzazione dei trasporti anche di organismi viventi ha portato la specie in Europa, dove è particolarmente diffusa nella Penisola Iberica, nella Pianura Padana ed in misura minore in altre regioni europee. In passato è accaduto che i tecnici dell’Ufficio, controllando l’acqua che conteneva pesci destinati ad essere seminati in un corso d’acqua altoatesino vi avessero trovato, anche alcuni gamberi della Louisiana insieme ad altri pesci esotici: non sempre – affermano i tecnici – i pescicoltori fanno attenzione come dovrebbero alla purezza del materiale ittico che vendono, ma in quel caso un ordinario controllo ha prevenuto l’improvvida liberazione dei gamberi rossi. A seguito di quel fatto l’Ufficio ha vietato qualsiasi semina di specie ciprinicole (carpe, tinche, lucci) provenienti da fuori provincia. Molto maggiore è invece il rischio che il gambero si diffonda, a seguito dello svuotamento di acquari privati, in un corso d’acqua. Molte persone infatti, quando vogliono disfarsi di animali che hanno detenuto in casa, per non farli morire decidono di liberarli in natura. Si tratta però – avvisano i tecnici dell’Ufficio – di un’azione che può portare a conseguenze insospettatamente devastanti per gli ecosistemi e per questo è vietata dalla legge.
Il principio sancito dalla direttiva Habitat, è che ciascuno deve preoccuparsi di conservare le specie, animali e vegetali, autoctone del territorio in cui vive, cioè quelle presenti da diverse centinaia di anni. È evidente quindi che qualsiasi immissione di specie straniere “ingombranti”, in quanto più vitali e potenti di quelle locali collocate al medesimo livello della catena alimentare, può provocare gravi danni alla conservazione delle specie locali e quindi causarne, in casi estremi, l’estinzione. “Non bisogna quindi – ammonisce l’ Ufficio Caccia e pesca – mai liberare animali e nemmeno piante di provenienza esotica in natura. Se appartengono alla lista di specie invasive di cui al Decreto Legislativo 230/2017 si rischiano sanzioni salate; per alcune specie, come la tartaruga dalle orecchie gialle (Trachemys scripta), è sanzionata anche la detenzione non autorizzata.
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