Le mappe del tempo consentono di percepire il trascorrere di minuti, giorni, mesi e anni. Esse nascono nell’area che si chiama corteccia supplementare motoria. La rivista Plos Biology dalla Scuola internazionale superiore di studi avanzati di Trieste ne ha descritto il meccanismo.
Domenica Bueti ha coordinato un gruppo di ricerca. Il team giuliano ha scoperto che nella regione del cervello diverse porzioni sono attivate da stimoli di diversa durata. Si va dalle zone anteriori per le durate più brevi, le parti posteriori per i periodi più lunghi. “Per la prima volta si è capito, nell’uomo, come il nostro cervello decodifica il passare del tempo”, ha osservato Bueti.
Sino ad oggi era noto che la corteccia supplementare motoria era coinvolta nella percezione del tempo. Tuttavia non si aveva idea di come funzionasse. La percezione del tempo si avvale di due elementi. L’organizzazione della corteccia supplementare motoria, in cui le parti che rispondono a durate simili sono spazialmente vicine, e la selettività.
“Alcune porzioni dell’area rispondono solo ad una certa durata. Così quella che risponde ad uno stimolo brevissimo, per esempio 200 millisecondi, si attiva con uno stimolo simile di 400 millisecondi ma non per uno diverso di 3 secondi”. Inoltre la qualità delle mappe è legata alla percezione del tempo. Più accurata e precisa è la percezione, migliore è la mappa registrata.
Per arrivare a questo risultato sono stati monitorati con la risonanza magnetica due gruppi di volontari sani, che dovevano selezionare alcune immagini in successione sullo schermo di un computer per diverse durate, e dire quale delle due immagini era stata presentata per più tempo. I ricercatori vogliono ora capire qual è il tempo che hanno mappato, se cioè quello fisico della durata degli stimoli sullo schermo, o quello percepito dal volontario, e anche se la mappa è innata, o è il frutto dell’esperienza e dell’educazione.
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