Una sentenza destinata a fare discutere. L’infedeltà coniugale non è risarcibile se discreta. Lo sottolinea la Cassazione. Gli ermellini hanno respinto il ricorso di un avvocato romano che voleva essere risarcito dalla moglie, dal suo amante (collega della donna) e dal datore di lavoro che secondo lui era colpevole “di non aver evitato che tra i dipendenti si instaurassero relazioni lesive del diritto alla fedeltà coniugale”.
Per essere risarcito, il tradimento dell’obbligo di fedeltà deve essere plateale. Quindi deve configurarsi con modalità molto offensive per chi lo subisce. Se invece la relazione extra è discreta, “confessata” solo dopo la separazione, allora nessun risarcimento danni può essere chiesto al fedifrago. Il tradito deve tenersi il “dispiacere”.
I giudici hanno escluso che il datore possa “ingerirsi” nelle scelte di vita dei dipendenti perché violerebbe la loro privacy. L’amante poi non può mai essere chiamato in causa dato che “non è soggetto all’obbligo di fedeltà”. Neanche la moglie paga, se è una infedele “felpata” e una saggia rea confessa tardiva. E’ stato condannato per lite temeraria.
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